"RIGENERAZIONE", CONCLUSO CON ANNAMARIA FURLAN L'EVENTO FAI CISL
Si è svolta oggi la seconda giornata di lavori dell’evento “Rigenerazione”, organizzato dalla Fai Cisl e svolto presso l’auditorium del Seraphicum di Roma. Ad aprire gli interventi, moderati dalla giornalista di La7 Flavia Fratello, è stato il Presidente di Adapt Emmanuele Massagli, che è partito da alcuni dati per affrontare i temi della formazione e del ricambio generazionale: “C’è un’offerta formativa pubblica poco conosciuta, ad esempio sono meno di 6 mila i giovani che tra scuola secondaria e formazione terziaria non universitaria frequentano corsi di ambito agroalimentare, si tratta di una sottostima grave rispetto all’importanza che questi comparti esercitano nella nostra economia”. Obiettivo primario per Massagli deve essere, da questo punto di vista, il coinvolgimento di imprese e sindacati per organizzare scuole in grado di rispondere alle competenze richieste dal mercato del lavoro.
Massimo Mercati, amministratore delegato di Aboca, realtà con oltre 1500 dipendenti che produce e distribuisce prodotti naturali in 14 Paesi, ha sottolineato l’importanza per le imprese di distinguersi creando valore. Un esempio citato da Mercati è un esperimento condotto in Germania con prezzi convenzionali affiancati da prezzi reali: il consumatore può scegliere se pagare il semplice prezzo ordinario oppure un prezzo reale, più alto in quanto comprende le cosiddette esternalità. Segno che è cambiata anche la sensibilità dei consumatori, e che dunque cambiano gli obiettivi di qualità da parte delle imprese. “Il sindacato – ha detto Mercati – può aiutare molto le imprese a innovare, prendendo posizione con una visione in cui siano affermati nuovi aspetti del valore, a partire dalla dignità di chi lavora. Da questo punto di vista il lavoro non riguarda solo la salute o lo stipendio, e la stessa impresa ha valore solo se produce anche bene comune”.
Andrea Di Stefano, della Novamont, ha descritto alcuni cambiamenti avvenuti negli ultimi anni nell’industria chimica italiana, legati soprattutto alle sfide della sostenibilità: “Una volta se ne parlava solo per casi di inquinamento o licenziamenti, in realtà oggi la chimica italiana nasce dai batteri, dal mais o altri prodotti agricoli, ma soprattutto nasce da tanta ricerca e sviluppo di alto livello, è un settore innovativo che punta a valorizzare i prodotti già esistenti in natura minimizzando l’impatto delle produzioni”. Tutti gli stakeholder, è emerso dalla sua testimonianza, sono chiamati a una visione comune, anche per poter interloquire con una politica che spesso è arretrata o al massimo cerca di gestire il presente. Il principio da seguire, secondo Di Stefano, è quello secondo cui se manca la sostenibilità economica, manca anche la convenienza economica: “Non dobbiamo più rincorrere le crisi, ma progettare una politica industriale: serve una grande attenzione alle domande che giungono dai territori, soprattutto su temi come la raccolta differenziata o l’educazione ambientale”.
Un intervento sulla valorizzazione del lavoro per rilanciare le aree interne e salvaguardare le montagne è stato invece tenuto dal Prof. Antonio Ciaschi: “In Abruzzo, nel 1850 - ha detto il docente della Lumsa - c’erano 6 milioni di capi di bestiame, oggi 80 mila. Il mercato e la società sono cambiati. Nelle nostre finanziarie la montagna deve avere una posizione ordinaria, non straordinaria. I paesi di montagna devono essere rilanciati per avere un ruolo nella nostra economia, non per limitarsi ad accogliere turisti il sabato e la domenica. Purtroppo mancano tante infrastrutture per farlo, anche perché le infrastrutture spesso sono state additate di essere contro la montagna”. Le aree interne, è emerso dal dibattito, si svuotano: “Serve tanta formazione e servono tante competenze per rilanciare questi territori con un ruolo moderno e innovativo”, ha concluso Ciaschi.
Un approfondimento su come ripartire dalla crisi provocata dalla pandemia è stato condotto dall’economista Lucrezia Reichlin, docente alla London Business School: “Con il Recovery Fund arriveranno oltre 200 miliardi, una parte di questi sono sussidi, circa 80 miliardi, l’altra parte sono prestiti, ma con tassi agevolati”, ha spiegato l’economista: “Abbiamo poi pezzi dei programmi europei come il Sure, i programmi della Bei e il Mes, da cui per il momento sembra non attingeremo. In tutto saranno quasi 400 miliardi. Non sono regali, anche perché viaggiamo verso un rapporto tra debito e Pil del 160%. La vera sfida è crescere e consolidare, e per farlo bisogna disegnare non una miriade ma pochi progetti che siano grandi e credibili. L’enfasi va posta poi su una serie di riforme per mettere queste risorse in campo in modo efficace”. Occorrerà essere in linea con l’Europa, ha poi ammonito Lucrezia Reichlin. Il riferimento è stato soprattutto al tema della riconversione ambientale, affrontato in questi giorni in maniera particolare dalla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen. Una riconversione industriale che non è indolore. “Per il momento si parla di sussidi, ma sulla sostenibilità servono grandi visioni per dare gambe a una vera visione industriale. Si parla tanto di green economy, ma poi ad esempio arriverà la carbon tax, che è condivisibile, ma andrà gestita, perché scatenerà competizioni politiche. La sostenibilità non è solo ambientale ma anche sociale, e non sarà nascondendo i problemi che si raggiungerà la riconversione ecologica”. Nello scenario economico attuale per gestire le risorse europee nulla è da dare per scontato. “Ci muoviamo in ritardo, e abbiamo una tradizione non buona per le spese dei fondi territoriali, tant’è che ne abbiamo spesi solo il 40% nell’ultimo anno. Siamo già in ritardo perché la Francia, ad esempio, una settimana fa ha già presentato il proprio piano, mentre la Germania lo aveva fatto già in estate”, ha ammonito la docente.
Sono intervenuti in video collegamento anche i sociologi Mauro Magatti e Stefano Allievi, che si sono soffermati rispettivamente sui temi della centralità della persona e delle migrazioni.
A concludere l’evento, è stata la Segretaria Generale della Cisl Annamaria Furlan: “Nella gestione della pandemia abbiamo riscoperto il profondo valore della concertazione, poi, usciti dai momenti terribili, si è tornati a immaginare le parti sociali come non indispensabili. Per questo abbiamo manifestato a luglio e saremo in tutte le piazze d’Italia il 18 settembre. Se gestiamo le risorse europee senza creare nuovo lavoro per i giovani sarà molto grave. Il governo non può fare da solo, una partita così importante va arricchita del contributo di tutti”. Altro tema emerso è quello del reddito di cittadinanza: “Un sostegno alla povertà era indispensabile – ha detto la leader della Cisl – ma il reddito di cittadinanza è un'altra cosa, e comunque andava accompagnano con le politiche attive per il lavoro e la riforma degli ammortizzatori sociali”. Quanto all’idea del salario minimo per legge, di cui si dovrebbe discutere prossimamente in Europa, Annamaria Furlan è stata molto chiara: “Non servono bandierine politiche. Abbiamo ribadito unitariamente che l’87% dei lavoratori italiani ha contratti di lavoro che definiscono già il salario minimo, dunque vanno tutelati soltanto quelli non coperti. Anche Ursula von der Leyen ha detto chiaramente che il salario minimo andrà gestito attraverso la contrattazione. In Italia se si dovesse agire per legge rischiamo paradossalmente di abbassare il salario minimo di molti contratti di lavoro. Se c’è chi pensa di definire per legge orario, salario, rappresentanza, non ci siamo”. A conclusione, la Segretaria Generale della Cisl è tornata a commentare la gestione delle risorse economiche provenienti dal Recovery Fund e dal Mes: “Dobbiamo investire in formazione, ricerca, innovazione, infrastrutture. E poi c’è la questione della coesione sociale: serve un patto tra generazioni”.