CAPORALATO, SVOLTA CERIMONIA IN MEMORIA DI HOPE, SIMBOLO DELLE BARACCOPOLI D'ITALIA
Aveva riportato ustioni sul 90 per cento del corpo a causa del rogo della sua baracca, nel ghetto di Borgo Mezzanone, nel foggiano. Era il 4 febbraio 2020, e la giovane ragazza, di origini nigeriane, morì qualche ora dopo al Policlinico di Bari. A distanza di oltre un anno, è stato impossibile ricostruirne l’identità. Nessun volto, nessuna storia, nessun responsabile dell’accaduto. E neanche un nome. Così la Federazione agroalimentare della Cisl, che in questi mesi si era spesa chiedendo giustizia per la donna, ha deciso di svolgere una degna celebrazione in sua memoria, nel Cimitero monumentale di Bari, ricordandola con il nome di Hope. Un nome diffuso in Nigeria e che in inglese vuol dire, non a caso, speranza.
“Nulla sappiamo di lei”, è stato scritto sulla lapide deposta dalla Fai Cisl, “se non che fu mossa dalla speranza di una vita migliore”. “Quella vita migliore”, ha detto il Segretario Generale Onofrio Rota, “che Hope non aveva ancora trovato, certamente non nella miseria a cui era stata costretta nel ghetto, questa è l’unica cosa che sappiamo di lei, e non è poco, perché ricordarla ci servirà a far sì che tutto ciò non si ripeta”.
È una storia di sfruttamento ed emarginazione, quella di Hope, come quella di tanti altri invisibili delle baraccopoli d’Italia. Come quella di un giovane senegalese morto una settimana fa in un altro rogo, tra le baracche del trapanese, dove risiedono in questi giorni centinaia di migranti impiegati nella raccolta delle olive. Anche se in realtà, come ha ricordato don Vito Piccinonna, Direttore della Caritas diocesana di Bari, durante la cerimonia, a ben vedere “non esistono gli invisibili, ma i non veduti: chiamarli invisibili suscita un’ennesima colpa per loro, un oltraggio verso la povertà che vivono nella loro carne e nella loro storia”. Alle sue parole sono seguite quelle di Said Emori, rappresentante della comunità islamica locale, che accompagnando la preghiera dell’Imam Abedin Mohammad Jainul ha sottolineato la responsabilità di tutti davanti a simili tragedie: “Dobbiamo guardare ai nostri cuori, non al colore della pelle, per riconoscere a ogni essere umano il diritto di vivere e morire con dignità”. Appello condiviso dalla preghiera di Joseph Alfred, pastore nigeriano della Chiesa Evangelica di Bari.
Alla commemorazione hanno partecipato in tanti: sindacalisti della Cisl e della Fai, la comunità nigeriana, associazioni, autorità militari e civili, tra i quali gli assessori comunali e regionali Vito Lacoppola e Donato Pentassuglia, con il consigliere regionale Francesco Paolicelli. Anche il Presidente della CEI, Card. Gualtiero Bassetti, è voluto essere vicino all’iniziativa: “Non è possibile – ha scritto in un suo messaggio – chiudere gli occhi di fronte a queste tragedie: che Hope sia segno per tutti noi, perché memori del suo ricordo possiamo diventare segno di speranza per il nostro prossimo”.
Rossano Colagrossi © Conquiste del Lavoro