L’IMPATTO DELLA PANDEMIA SULL’INDUSTRIA ALIMENTARE E SULL’ORGANIZZAZIONE AZIENDALE: PRESENTATA AD ASSISI LA RICERCA DELLA FAI-CISL
Si è svolto oggi ad Assisi, a ridosso della 74ma Giornata del Ringraziamento promossa dalla Cei, il seminario “Dopo la pandemia: come cambia il lavoro agroalimentare”, con cui la Fai-Cisl ha voluto fare il punto su come il Covid abbia fatto emergere il ruolo strategico del settore, che adottando in tempi record protocolli di sicurezza ha rappresentato anche una prova di capacità e resilienza delle organizzazioni sindacali. “I cambiamenti organizzativi – ha sottolineato Vincenzo Conso, Presidente Fondazione Fai-Cisl Studi e Ricerche – hanno costituito non solo elementi di novità che chiedevamo da anni, ma hanno fatto emergere l’importanza della formazione sia sindacale che dei lavoratori”.
Gabriele Canali, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, che per la Federazione ha curato la ricerca “L’impatto della pandemia di Covid-19 sull’industria alimentare e sull’organizzazione aziendale”, ha ricordato le dinamiche che hanno influenzato la produzione ma anche la distribuzione dei prodotti agroalimentari. I vincoli agli spostamenti, in pandemia, hanno favorito all’inizio il commercio tradizionale di prossimità e di ridotte dimensioni, riducendo la competizione e contribuendo all’aumento dei prezzi, ma nell’insieme la chiusura del canale Horeca ha favorito di più gli acquisti presso la distribuzione, soprattutto discount e ipermercati, inoltre è esploso l’e-commerce, evidenziando un forte ritardo per il settore alimentare e delle bevande. Con 482.500 occupati nel 2019, il settore alimentare ha avuto flessioni contenute nel 2020 (-0,7%), protratte nel 2021 (-0,3%), per poi recuperare nel 2022 addirittura superando i livelli occupazionali del 2019, con 485.200 occupati e alcuni comparti che hanno persino dovuto implementare le produzioni. Anche la flessione delle ore lavorate è stata più contenuta rispetto al totale delle attività economiche, con un calo del 7% nel 2020 (contro il -11,7% del totale) e una ripresa nel 2021, per poi recuperare il 3,4% nel 2022 sfiorando i livelli pre-pandemia, con 857,6 milioni di ore lavorate.
Serena Bergamaschi, ricercatrice e operatrice della Fai Cisl Umbria, ha passato in rassegna le iniziative delle imprese agroalimentari per far fronte all’emergenza pandemica: riduzioni di orari a parità di salario, monitoraggi degli ingressi nelle aree più a rischio, turni flessibili, limitazioni agli accessi negli spazi comuni adottate dal 70% delle imprese. Ma soprattutto è cresciuto l’uso dello smart working, adottato dal 98% delle aziende italiane, il 97% tra quelle più grandi e il 58% tra le piccole e medie. “Già la Legge 81 del 2017 – ha specificato Bergamaschi – disciplinava il lavoro agile, introducendo il concetto di obiettivo, ma il Decreto 34 del 2020 ha derogato le norme prevedendone l’adozione anche senza accordo individuale tra lavoratori e azienda, fino al primo aprile 2024. In alcune aziende, come Nestlé nel 2022, sono stati realizzati accordi per il lavoro agile come nuova modalità di lavoro, che connettono necessità aziendali e della persona. Dunque sono stati fatti molti passi in avanti, ma oggi sta tornando molto il lavoro in presenza, specialmente nelle Pmi”.
Toccante e significativa la proiezione del video “Voci dal fronte Covid: lavoratori in prima linea durante la pandemia”, realizzato dalla Fai-Cisl due anni fa, dopo aver raccolto decine di testimonianze di lavoratori e lavoratrici sulle proprie esperienze lavorative e familiari durante i vari momenti di lockdown, quando i settori agroalimentari e ambientali hanno continuato a produrre beni di prima necessità, evitando, per la prima volta nella storia, che una pandemia non si tramutasse anche in carestia.
Promosso dalla Fai-Cisl in collaborazione con la sua Fondazione Studi e Ricerche e con l’associaizone di promozione sociale 3A, nell’ambito delle attività dell’ente bilaterale del settore alimentare, all’incontro è intervenuta anche Francesca Di Maolo, Presidente dell’Istituto Serafico, che sottolineando le diverse attività di assistenza sociale e sanitaria del’Istituto, ha ricordato le fasi più dure del periodo pandemico: “Già non se ne parla più – ha detto – ed è un grave errore, anche perché quella fase ha insegnato a tutti da un lato che non c’è democrazia, né crescita, né sviluppo, senza salute e, dall’altro, che l’essenza di noi umani sta fondamentalmente nella relazione: con gli altri, con l’ambiente, con se stessi”.
L’iniziativa si è conclusa con l’intervento del Segretario Generale della Fai-Cisl Onofrio Rota: “Anche noi come sindacato, a partire dalla pandemia, abbiamo dovuto rivedere i criteri organizzativi e partecipativi, ad esempio innovando la comunicazione con i nostri iscritti e le modalità per garantire l’accesso alla disoccupazione agricola e ad altri servizi. La pandemia doveva spingere tutta la società a rimettere la persona la centro, e dovremmo recuperare quel monito, mentre oggi alle incertezze il mondo sta rispondendo in modo inadeguato, con guerre, indebolimento della sanità pubblica, nuovi muri”.
Quanto all’industria alimentare, il sindacalista ha sottolineato: “Oltre alla pandemia, i conflitti e il conseguente aumento dei prezzi di prodotti e materie prime, dell’energia e della logistica, hanno indotto tante aziende a proteggere la redditività attraverso scelte di contenimento dei costi del lavoro e aziendali, ma anche scaricando gli aumenti sui consumatori e generando ulteriore inflazione. Per il sindacato agroalimentare tutto questo comporta un ulteriore sforzo per tutelare al meglio le lavoratrici e i lavoratori sia davanti alla perdita del potere di acquisto che nella tenuta occupazionale. Una sfida che stiamo affrontando positivamente con gli strumenti contrattuali, ma che richiede in generale un salto di qualità sul piano del dialogo sociale, ricordando sempre il monito di Papa Francesco: peggio di questa crisi c'è solo il dramma di sprecarla”.