IMMIGRAZIONE, PRESENTATO A ROMA IN CAMPIDOGLIO IL LIBRO “DONNE D’ALBANIA IN ITALIA: RIFLESSIONI, TESTIMONIANZE, EMOZIONI”
“I lavoratori stranieri producono il 9% del Pil del Paese e operano in tutti i settori dell'economia: industria, edilizia, ristorazione, servizi, agricoltura. La comunità albanese è ben presente anche nel settore agroalimentare. In agricoltura, all’inizio del 2021, risultavano 34.446 lavoratori regolari albanesi, una presenza in costante aumento negli ultimi 30 anni e tra le più numerose. Il lavoro degli immigrati, e quindi anche degli albanesi, è indispensabile per l'agricoltura. Ma rimane grave il gap di genere: le donne risultano chiaramente più penalizzate. Così come permangono gravi forme di sfruttamento e rischi per la salute, per cui dobbiamo lavorare insieme per contrastare qualsiasi forma di discriminazione e garantire, attraverso il lavoro, processi di vera inclusione ed emancipazione”.
Lo ha detto il Segretario Generale della Fai-Cisl Onofrio Rota intervenendo questa sera a Roma, in Campidoglio, alla presentazione del libro “Donne d’Albania in Italia. Riflessioni, testimonianze, emozioni”, curato da Rando Devole e Claudio Paravati.
Il libro, edito da Com Tempi Nuovi, raccoglie le testimonianze di donne albanesi che vivono e lavorano in Italia. Sono passati infatti più di trent’anni dall’inizio della migrazione albanese verso l’Italia, e se oggi la comunità albanese rappresenta una delle collettività storiche più numerose e più integrate nel tessuto socioeconomico italiano è anche per l’apporto delle donne. Un universo femminile variegato, poliedrico, in cui energie, talenti, intelligenze e professionalità varie, si muovono sullo sfondo di un’origine, un’identità e una storia comune.
Tra i temi posti dalla federazione agroalimentare cislina, anche l’assenza di una convenzione sulla previdenza tra Italia e Albania, per riconoscere i periodi contributivi maturati nei due Paesi: il percorso istituzionale è stato avviato e c’è da augurarsi che venga concluso al più presto, visto che l’intesa raggiunta a luglio tra i due Paesi, fortemente promossa dalla Fai-Cisl, dovrà essere firmata dai ministeri competenti e poi ratificata dai parlamenti di entrambi gli Stati.
Alla presentazione, moderata da Claudio Paravati, Direttore di Confronti, sono intervenute anche l’Assessora alle Pari Opportunità del Comune Di Roma, Monica Lucarelli, e la Consigliera comunale Carla Fermariello, che ha sottolineato il valore del libro in quanto opera che “commuove per i racconti e i fatti, anche attuali, che coinvolgono due popoli: in particolare, gli aspetti che narrano la violenza sulle donne sono duri e toccanti, e ci ricordano che le donne albanesi sono un simbolo importante in quanto sono state le prime a denunciare coraggiosamente i fenomeni della tratta, affrontando processi e rompendo il silenzio. In questo senso - ha concluso - il libro aiuta contro la rimozione di una memoria scomoda per tutti”.
Anila Bitri Lani, Ambasciatrice d’Albania in Italia, ha evidenziato il rapporto tra questo libro e il precedente “Donne d’Albania” del 2017, in cui erano ben presenti i temi della transizione, da parte delle donne migranti, verso una modernità sconosciuta: “Questo secondo volume rilancia invece la voce diretta delle donne albanesi, che sono cresciute e maturate”, ha detto l’Ambasciatrice, aggiungendo che “oggi l'Italia riconosce l'albanesità sempre più come componente fondamentale della società e dell'economia, per cui le donne non hanno più nulla da nascondere o temere, esattamente come le donne italiane, ma la sfida è che dopo aver preso coscienza dei propri diritti si riesca a costruire un pieno riconoscimento anche sul piano economico e culturale”.
All’evento sono intervenute inoltre Eliza Çoba, docente di lingua albanese e inglese, e Klaudia Bumçi, giornalista di Radio Vaticana - Vatican News. Eliza Çoba, autrice tra l'altro del racconto "Il mio zio italiano", nel suo intervento ha sottolineato: "La memoria è una cosa seria, c'è un valore nella trasmissione della memoria storica che non dobbiamo disperdere, in quanto antidoto al ripetersi delle tragedie dei popoli". Mentre Bumçi ha evidenziato il bisogno di liberare le donne dagli stereotipi che confinano nel consumismo, nello sfruttamento, nella pornografia, nella prostituzione, nei linguaggi della pubblicità: “Sono in Italia dal ’93 – ha aggiunto la giornalista – e ancora oggi spesso mi chiedono se mi sento più italiana o albanese, ma sono orgogliosa di rispondere che mi sento cento per cento italiana e altrettanto cento per cento albanese”. Tema, questo, posto anche da Alda Kushi, assegnista di ricerca dell’Università di Bari, che ha ricordato come l’identità non sia un gioco a somma zero: “Se acquisisco qualcosa – ha detto – non ne perdo altre, ma si tratta di un arricchimento, un risarcimento da quella ‘sindrome del pendolo’ che è il sentirsi stranieri sia qui in Italia che in Albania, con una parziale accettazione: in realtà la nostra non è una doppia identità, ma una unica identità più ricca. E se si è stati accolti, è anche un dovere a nostra volta impegnarci e trasmettete questa ricchezza identitaria”.
Livia Turco, Presidente della Fondazione Nilde Iotti, ha evidenziato lo scarto ancora esistente tra i diversi successi individuali e collettivi narrati nel libro e la dimensione pubblica: “Nel dibattito pubblico – ha detto – dobbiamo affrontare il tema migratorio come Paese maturo, superando la logica delle emergenze e dei fili spinati: le storie narrate in questo libro insegnano che esiste un’Italia della convivenza, della cittadinanza plurale, che però non viene narrata né riconosciuta dalla sfera pubblica. Ecco perché sono necessari tavoli istituzionali, con associazioni di donne e uomini, italiani e stranieri, in cui poter discutere e decidere sulla convivenza e sulle buone pratiche quotidiane”.
Tra le testimonianze, la giovane Fetjola Turmetaj, neolaureata in lingue, che ha affermato: “Nelle storie narrate in questo libro ho riletto il sacrificio silenzioso di mia madre: io sono in Italia dal ‘99, avevo due anni e mezzo, eppure ho ottenuto la cittadinanza soltanto da agosto di quest'anno, in realtà mi sono riappropriata delle origini albanesi solo grazie agli studi linguistici universitari”.
Ha concluso l’evento Rando Devole, co-curatore del libro, che ha sottolineato i cambiamenti che hanno caratterizzato la migrazione albanese in Italia: “C’è stato un processo importante di femminilizzazione dei percorsi migratori, passando dal 18% di donne nei primi anni ‘90 a quasi il 50% del 2021, ecco perché è fondamentale approfondire lo sguardo delle donne su sé stesse e sull’alterità”.